La nazione unita contro la crisi
Di Carlo Pelanda (6-3-2009)
L’appello fatto da Tremonti è una dichiarazione d’emergenza: difendere la base industriale della nazione e la coesione sociale affinché la recessione non le distrugga. L’impatto della crisi sarà massimo per buona parte del 2009, il Pil italiano potrebbe scendere dal 2,6%, ora proiettato, fino ad oltre il 3%. La ripresa ci sarà, chi scrive è più ottimista del resto degli scenaristi perché vede da qualche settimana - con gli indicatori particolari, “esotici”, utilizzati dal suo gruppo di ricerca, Globis - i primi segnali, globalmente, di rallentamento della caduta. Ma i dati oggettivi lasciano ancora indeterminabili il quando e la forza dell’inversione. La mancanza di un punto di ancoraggio nel futuro deprime l’ottimismo, congelando ancora il capitale. La crisi è globale, l’uscita dipende dalla ripresa americana e dal suo effetto traino. Il governo italiano può far poco per governare la profezia. Ha tentato di farlo nei mesi scorsi, per sostenere consumi ed investimenti nazionali, dando l’idea di un’Italia meno colpita di altri. Ma ora Tremonti non può evitare l’allarme. E lo ha dato bene, rassicurando mentre annunciava il pericolo, assumendo la piena responsabilità: abbiamo le risorse che servono, le tireremo fuori per aiutare gente ed imprese. La giusta risposta da parte dell’opinione pubblica è quella di comprendere l’emergenza e convergere in una comunità di solidarietà nazionale. Il governo c’è, noi ci siamo, non temere caro Giulio.
Tale appello
alla convergenza, ovviamente, non deve sospendere l’analisi realistica e le
opinioni raccomandative. Potrebbe destare sorpresa che nel giorno in cui